Uno dei più riusciti e realistici film sul terrorismo mai girati. Ambientato nell’Algeri di metà Anni Cinquanta (con uno svolgimento che copre gli eventi che portarono all’indipendenza algerina del 1962), LA BATTAGLIA DI ALGERI racconta con stile documentaristico ma cinematograficamente accattivante la lotta tra il Fronte di Liberazione Nazionale e le truppe francesi giunte in massa dopo l’aumentare degli attentati. Splendido e altamente spettacolare l'uso delle location, con un Pontecorvo capace di superbi movimenti di macchina e una scelta nelle inquadrature che a volte rasenta il sublime. Algeri, la sua gente, gli edifici moderni della città europea contrapposti ai vicoli oscuri della Casbah,...Leggi tutto tutto vive e si anima attraverso un montaggio moderno in un'opera tutt'altro che datata o noiosa. C’è forse qualche momento di stasi, poca fluidità nell'azione durante le misure di repressione francesi, ma anche vera poesia quando le grandi musiche di Ennio Morricone (che le scrisse insieme a Pontecorvo stesso) commentano immagini strazianti o suggestive panoramiche che il bel bianco e nero restituisce con immutato fascino. Non sarebbe giusto, come accade, confinare LA BATTAGLIA DI ALGERI nell'alveo dei film “difficili”, sorpassati o pesanti, perché è concepito in modo assai fresco e godibile, capace di mediare tra le esigenze dei due diversi tipi di pubblico. Il largo uso di attori non professionisti nemmeno si nota, a testimonianza di una non comune abilità nel dirigere il cast. Un'opera equilibratissima (anche politicamente), che cerca di osservare il fenomeno con lodevole obiettività e si concede sprazzi entusiasmanti.
Gran film, si sa. Certo: visti in questi anni, successivi al settembre 2001, gli atti terroristici degli algerini acquisiscono una non necessaria, ma inevitabile, lettura che va oltre la vicenda coloniale. Di pregio, oltre alla regìa, alla precisione documentaristica, alle interpretazioni (notevole Jean Martin), alla fotografia, il fatto che non si evita la pietà per i morti francesi e non si tacciono le loro ragioni.
Magistrale film di Pontecorvo, che gira in un magnifico bianco e nero, splendidamente fotografato; una pellicola che ancora oggi colpisce per la sua tensione narrativa che riesce a coinvolgere in maniera davvero notevole lo spettatore. A corroborare il tutto una bellissima sceneggiatura di Franco Salinas (che ebbe la nomination all'Oscar, come pure Pontecorvo per la regia) nonché la colonna sonora di Morricone, che è tra i suoi lavori meno celebrati ma non per questo meno riusciti. Da non perdere.
Cronaca dell'insurrezione degli algerini contro i colonialisti francesi che prelude all'indipendenza. Una pietra miliare del cinema, non a caso ispiratrice di molti film a venire. In un crudo bianco e nero Pontecorvo compie un miracolo: un lavoro che è contemporaneamente film storico e film-cronaca, fiction con le riprese del documentario, diario oggettivo e poema appassionato, sguardo sull'altro (la società araba) e autocritica (il colonialismo europeo). Eccellente.
È uno di quei film che vanno visti per cultura e che andrebbero mostrati nelle scuole, per far comprendere l'assurdità e le violenze che si compiono in queste guerre illogiche. Gillo Pontecorvo ha saputo magistralmente dirigere questa pellicola, senza mai cadere nel facile patetismo e, nello stesso qual tempo, documentando i fatti. La scena delle sevizie è breve ma esplicativa della realtà, purtroppo mai interrotta nei paesi del Sud del mondo.
Capolavoro di Gillo Pontecorvo, è un film dal profondo significato morale e didattico. Il regista mostra con grande efficacia l'assurdità dei conflitti (in questo caso la rivolta del popolo algerino contro il colonialismo francese), attraverso uno stile quasi documentaristico dalla grande potenza evocativa, che ne fanno un ottimo esempio di alto cinema politico.
Gran bel film, con un Pontecorvo (aiutato da Solinas alla sceneggiatura) ai massimi livelli anche dal punto di vista tecnico. Le figure del colonnello Mathieu e del rivoluzionario La Pointe sono ben descritte. Scene come quelle degli attentati effettuati dalle donne algerine sono da vero capolavoro.
Film pregevole per diversi motivi. Tecnici per la speciale fotografia in B/N, per le riprese degli attentati e di massa in genere, per la colonna sonora e il montaggio. Didattici per la precisione storica degli eventi, ma soprattutto per aver saputo far provare, attraverso riprese di particolari di vita quotidiana (sia da parte araba che europea), come è divisa in due la città: le sensazioni, le ansie, le tensioni, le rabbie contrapposte alla calma efficiente dell'apparato militare francese, che svolge il suo lavoro come normale routine.
Spesso i grandi accadimenti storici richiamano inevitabilmente la narrazione cinematografica, ma può accadere anche il contrario e cioè che un film possa fare grande una storia, esaltandola, facendola uscire dal cono d'ombra delle dichiarazioni ufficiali e restituendole la sua dignità. Pontecorvo intreccia un film capolavoro tramite cronaca e vicende personali. Un capolavoro appunto. C'è poco da aggiungere. Obbligatoriamente da cineteca!
Assolutamente elettrizzante dall'inizio alla fine, non costituisce semplicemente un documento celebrativo sull'indipendenza algerina e mette in scena, senza chiudere gli occhi, tutta la crudeltà e la brutalità delle moderne guerriglie urbane (torture, rastrellamenti, atti di terrorismo mirato ed indiscriminato). Pontecorvo e Solinas non giudicano e mettono bene in luce le motivazioni di tutti gli attori in campo. Il bianco e nero dona ulteriore bellezza alle scene e la presenza di attori poco conosciuti giova assai...
Opera di Pontecorvo che a differenza di tanti altri film mostra la cruda realtà, con la violenza di entrambe le parti. Nel cast si mettono in mostra Brahim Hadjadj nella parte di Alì e il francese Jean Martin in quella del comandante. Consigliatissimo.
MEMORABILE: Le torture dei militari; Gli attentati ai civili; Le demolizioni.
La prima lode da tessere a Pontecorvo è di aver saputo esporre la storia della liberazione dell’Algeria senza dialettiche manichee, rilevando sia la vigliaccheria degli attentati terroristici del FLN che la brutalità della repressione francese. Anche per quanto attiene alla tecnica la regia si tiene su alti livelli, accelerando il rude documentarismo da reportage bellico con un piglio narrativo e un montaggio prettamente cinematografici e dirigendo con profitto il fiero Jean Martin e una moltitudine di volti sconosciuti autoctoni. Marziale colonna sonora di Morricone e dello stesso Pontecorvo.
MEMORABILE: «Cominciare una rivoluzione è difficile; anche più difficile è continuarla; e difficilissimo vincerla.»; la Casbah; le torture francesi.
L'evidenza con cui Pontecorvo e Solinas prendono posizione nel conflitto franco-algerino non è segno di semplificazione o populismo: è un'affermazione dolorosa, politica, che passa attraverso le ragioni del governo francese - precisate - e la strage degli innocenti (i cui volti non si dimenticano). Un nitore ideologico bruciante, sconveniente, che cercando aderenza al reale finì col suscitare aspre polemiche (non solo in Francia): tutto paradossale valore aggiunto. L'incontro tra fiction, elegia e reportage è dinamico, modernissimo. Magnifico score di Morricone; bianco e nero immersivo.
Grandiosa ricognizione documentaristica di uno fra gli scontri a fuoco più orrendi di sempre. Il dinamismo della regia di Pontecorvo, unito alla fotografia sovraesposta e diffusa di Gatti, ci introduce all’interno dei due movimenti (FLN e corpo militare francese) offrendoci uno spaccato corale e sofferto di due ideali agli antipodi, dove l’esecrabile rivendicazione del territorio e la folle ricerca di una dignità schiacciata, si scontrano con la repressione di un governo sonnambulo, retrogrado, che predica la pace ostentando il potere. Enorme.
Algeri, 1957: la tensione fra gli algerini oppressi e i francesi oppressori si acuisce e prende le sembianze di una guerra di indipendenza. Pontecorvo dirige in modo mirabile e soprattutto non cade nell'errore di una narrazione banale o poco oggettiva, come spesso capita in un'opera storica di tale importanza. Alcune sequenze sono notevoli, soprattutto considerando l'epoca del film e in generale l'intera opera è apprezzabile nonostante qualche passaggio un po' lento. Non un capolavoro, ma comunque un film lodevole.
Didattico, autenticamente coinvolgente; la visione di questo film basta per comprendere molte cose del passato prossimo francese e di tutti i riferimenti al periodo storico, non ultimo "l'equipier" di Philippe Lioret. Girato in un bianco e nero lacerante con attori in gran parte non professionisti, taglia e ferisce le coscienze complice anche la musica di Morricone e il tema ternario di Pontecorvo. Un film forte, entrato a pieno titolo nella storia del cinema, da vedere.
Senza dubbio un grande film, che merita il successo ottenuto. Per qualche verso resta ancora scomodo, tanto che in Francia è stato proiettato a partire da non molti anni fa. Tecnicamente perfetto, a partire dalla regia di Pontecorvo che evita la retorica e dirige in modo secco, essenziale; la fotografia sgranata di Marcello Gatti si avvicina a quella dei cine-giornali.
Grande opera di Gillo Pontecorvo sulla guerra in Algeria tra indipendentisti/terroristi e le forze speciali francesi. Ben documentati gli eventi e le atrocità (da ambo le parti) della guerra in questione. Location originali e ottime le interpretazioni. A volte sembra più un docu-film che un film nel senso stretto della parola, però il risultato, da qualisiasi angolazione lo si voglia osservare, è comunque ottimo.
Pontecorvo realizza una lucida pellicola d'impegno sociale e politico che pone un grosso veto alla barbarie bellica e colonialista, narrando gli antefatti che portarono all'indipendenza algerina. Si nota uno stile talvolta semi-documentaristico che appare molto efficace. Cast essenzialmente non professionista ma appropriato.
Da una parte l'FNL e dall'altra i paracadutisti francesi in uno scontro senza vincitori, che vede sconfitta l'intera umanità. Lotta per la liberazione e repressione hanno lo stesso sapore amaro di chi per essere diverso finisce per assomigliarsi terribilmente. Lo sguardo di Gillo Pontecorvo è impietoso e documenta i fatti senza che si riesca a prendere le parti di nessuno. L'orrore si nasconde in ogni gesto e è sempre giustificato da una volontà superiore che ritiene necessaria la disumanizzazione. Capolavoro.
Pellicola che esibisce le storture delle posizioni politiche cieche ed estreme, l'un contro l'altra armate; colpisce per la forma audace e originale (pur se prosegue certe sperimentazioni del neorealismo) che utilizza efficacemente il linguaggio del documentario piegandolo alle esigenze della finzione. Il realismo delle sequenze violente e drammatiche è notevole, si respira aria malsana anche nei dettagli più innocui e concettualmente gli giova non prendere posizioni, lasciando parlare solo le immagini.
Grande film di Pontecorvo sulla lotta armata dell'FLN contro i colonizzatori francesi fino alla rivoluzione e quindi all'indipendenza dell'Algeria. Girato veramente ad Algeri con attori non professionisti (a parte Martin che fa il colonnello Mathieu), adotta uno stile secco, asciutto, documentaristico e pone numerosi dubbi: chi sono i veri terroristi? I rivoluzionari che sparano e mettono bombe o i militari francesi che non esitano a torturare, fanno rastrellamenti casa per casa o usano il napalm contro i villaggi? Un vero capolavoro, da vedere e rivedere.
MEMORABILE: Le tre donne che depositano gli ordigni esplosivi nei locali frequentati dai francesi; Tutta la casbah prega per Ali La Pointe e i suoi compagni.
Film di alto impegno civile, ancora attualissimo. Forte di una calibrata sceneggiatura di Franco Salinas, Pontecorvo ripercorre gli eventi che precedettero l'indipendenza algerina con uno stile documentaristico (accentuato dalla sgranata fotografia di Marcello Gatti) e senza alcun trionfalismo. Se l'esercito francese ricorre alla tortura, l'FLN non esita a uccidere civili innocenti: inutile chiedersi chi abbia più ragioni, meglio soffermarsi sulla potenza delle immagini, dei luoghi (le riprese alla Casbah) e dei dialoghi. Una lezione di stile.
Il cinema d'inchiesta mondiale ha tre capisaldi assoluti: Il caso Mattei di Rosi, Missing di Costa-Gavras e questo "La battaglia di Algeri" di Pontecorvo. La ricostruzione della guerra di Algeria combattuta nella sua capitale sembra il resoconto di un cronista di guerra: ci si immerge nei vicoli della casbah e si seguono le mosse dei molti personaggi che ruotano attorno al fronte di liberazione. Le simpatie di Pontecorvo sono chiare ma il film si mantiene su una correttissima imparzialità. Indimenticabile l'urlo finale delle donne col velo.
Come atto d’accusa contro i soprusi e la violenza del colonialismo è molto efficace. Un po' meno sul piano cinematografico, dove lo stile documentaristico caro al regista appare oggi troppo didascalico. Sfruttando i dettami neorealistici (camera a mano, fotografia sgranata, attori non professionisti) il film procede a fasi alterne con momenti intensi per ritmo e tensione e altri di puro reportage giornalistico. Sarebbe forse stata preferibile un’opera di finzione girata con lo stile del documentario militante, piuttosto che il contrario.
MEMORABILE: La consegna delle bombe da parte delle donne; Le scene delle torture ai prigionieri algerini; La cattura di Djafar.
La dimensione internazionale di Pontecorvo resta unica nell'Italia anni 60 (la gloria di Fellini girava su piani più "glocal"). Tra i connazionali s'affiancherà in seguito solo Bertolucci. Il regista toscano edifica un acuminato capolavoro, col fido Solinas, risalendo l'epopea algerina - bombe, reazione, sollevazione - piena di un bianco e nero che sfaccetta i corpi e la casbah come yin e yang. Di suono epico i tumulti di massa; crude e "in diretta" le carneficine. Meglio il taglio sui militari della descrizione, più in atto, degli indipendentisti. Caposaldo.
MEMORABILE: Lo sciopero generale; La conferenza stampa con il capo indipendentista arrestato.
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perchè la sequela di attentati imposta dal FLN di certo non è tra i modi migliori (o fra le prime opzioni possibili) nell'affermare i propri diritti, almeno per come la penso io, spettatore comunque non troppo informato sulla vicenda.
ma capisco anche che la situazione in quegli anni doveva essere davvero terribile e sul filo dell'odio profondo e della frustrazione reiterata dopo (suppongo) anni di ghettizzazione.
* La proiezione del film in Francia fu proibita fino al 1971.
* All'ESMA, in Argentina, nel periodo tra gli anni sessanta e gli ottanta e nelle scuole militari statunitensi ci si servì del film di Gillo Pontecorvo per l'addestramento alle tecniche antisovversive. La proiezione fu preceduta da una presentazione in chiave religiosa ad opera del cappellano della Marina.
* In virtù dei buoni rapporti instauratisi (anche in chiave petrolifera) tra i governi di Italia ed Algeria all'indomani dell'indipendenza del paese, il regista ottenne il sostegno del governo locale per la realizzazione del film e, in forza di questo spirito collaborativo, tutte le riprese hanno potuto avere luogo ad Algeri.
HomevideoRocchiola • 28/04/19 19:22 Call center Davinotti - 1264 interventi
Distribuita da Cecchi Gori in bluray la versione del film restaurata in 4k dalla Cineteca di Bologna nel 2016. Video 1.85 che esalta perfettamente il bianco-nero contrastato e sgranato voluto dal regista per conferire alle immagini il massimo realismo possibile. Come spiegato all'interno della confezione questo aspetto è stato volutamente mantenuto durante la fase di restauro. L'audio DTS 2.0 è pulito e discretamente potente. Un ottimo prodotto adesso reperibile a prezzi scontati.