Un avvocato senza scrupoli organizza una rapina alla cassaforte dello zio usuraio e finisce per ucciderlo, ma la colpa ricade su un suo amico che era indebitato con la vittima: prima assume la sua difesa, poi lo scarica. Poliziesco sociale à la Germi, ancora debitore del melò nella storia ma anche con un salto in avanti nell'ambito noir vero e proprio, grazie all' ambientazione popolare e un occhio agli Usa (la lunga scena del jazz club). Interpreti d'altri tempi, tutti inappuntabili.
MEMORABILE: Tosi ammette il suo omicidio nel confessionale, ma solo per impedire al parroco di tradire il vincolo del sacramento.
Storia poliziesca con notazioni sociali e suggestioni stilistiche d’oltreoceano, contaminate sobriamente con la tradizione del melodramma italiano, che rimane sullo sfondo. Regia un po’ anonima ma professionale e attori rigorosi (con menzione particolare per Toso, Furia e per la componente femminile Banti-Franco) ne fanno un film da ripescare, nonostante qualche ingenuità, alcuni snodi prevedibili e qualche scena fine a se stessa (la lunga sequenza del veglione, che suscita sbadigli anche per la mediocrità delle canzoni di sottofondo).
MEMORABILE: I dialoghi in carcere tra Renato e Tobia; La corda usurata dell’impalcatura; La confessione di Arturo.
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